Cos'è un'allergia cutanea?

Allergia, Inizia la Battaglia di Primavera: I 10 Consigli Per Difendersi

L’intolleranza al glutine (celiachia) non è propriamente definibile come intolleranza o allergia. Per terapia si devono intendere i rimedi che riguardano la sintomatologia dell’allergia o intolleranza alimentare, non le eventuali patologie che posso essere emerse a causa di queste, spesso importanti a carico di vari apparati. Quest'ultima ricerca tuttavia non può essere basata sulle cutireazioni che risultano valide solo per le sostanze ad alto peso molecolare o per quelle a basso peso per cui sia disponibile, a scopo diagnostico, il coniugato con una proteina. Questo dolcificante artificiale a basso contenuto calorico è 180 volte più dolcificante del saccarosio. Se gli esami danno esiti positivi (a volte succede che l’esito sia un falso positivo) per confermare la diagnosi spesso si ricorre alla rimozione totale dell’alimento per verificare dopo un periodo di circa 15 o più giorni se i sintomi scompaiono o permangono. Nei casi più complessi, dopo il periodo di astinenza dall’alimento si ricorre a prove di “scatenamento” reintroducendo l’alimento o l’additivo per poi rivalutare i sintomi e rifare gli esami. Le mucose oculari e dell’apparato respiratorio nei soggetti sensibili a determinati pollini si infiammano a causa di una sostanza li­berata dalle cellule immunitarie per combattere gli allergeni (istamina). E' chiaro quindi che i recenti sviluppi delle conoscenze (riassunti nella tabella 2), oltre a contribuire al chiarimento dell'eziopatogenesi, hanno modificato i tempi e i modi la diagnosi e la terapia di un disturbo rimasto per decenni in una sorta di ibernazione.

La diagnosi dovrebbe sempre basarsi su un’accurata indagine clinica, lo specialista è un medico allergologo ma anche un team multidisciplinare, nonostante ciò la diagnosi può essere difficile e complesso formularla con certezza. La diagnosi dell’intolleranza alla maggioranza degli alimenti è difficile perché le conoscenze mediche in questione sono ancora carenti. Questo avviene sia perché contaminazioni casuali in fase di produzione determinano la presenza di quantità microscopiche ma rilevabili di allergeni, sia perché la molteplice composizione degli alimenti rende difficile garantire l'assenza dei componenti potenzialmente "pericolosi". Alcuni enzimi possono non essere presenti nell’organismo di alcuni individui o essere in grado di metabolizzare solo una piccola quantità di alimento ed anche perdere la loro efficacia a causa di malattie infiammatorie, terapie farmacologiche o irradianti. Va anche considerato che la frutta come la verdura appartiene a famiglie vegetali a cui spesso appartengono differenti tipi https://farmaciperallergia.com/clarinex/ di frutta. Si stima infatti che il 20-25% di soggetti allergici ai pollini lo è anche verso alcuni alimenti vegetali (reazioni crociate). Esempi di questi ultimi sono gli allergeni vegetali. In studi basati su test cutanei, dosaggio delle IgE specifiche ed immunoblotting, gli allergeni maggiori sono stati identificati come ovoalbumina (Gal d 1), ovomucoide (Gal d 3), e conalbumina (ovotranferrina, Gal d 2). Recenti studi, impiegando proteine del bianco dell’uovo altamente purificate, hanno comunque dimostrato che l’ovomucoide è l’allergene maggiore del bianco d’uovo nei bambini sensibilizzati per l’uovo con dermatite atopica.

Da un punto di vista fisico, l’allergia ha come punto centrale una esagerata permeabilità delle membrane (mucose o cutanee), che proteggono filtrando la penetrazione di ciò che è estraneo. Ma quali sono le graminacee che scatenano l’allergia di primavera? La primavera è alle porte e chi soffre di allergia alle graminacee sa bene (purtroppo!) che la dispersione dei pollini nell’ambiente tra marzo e giugno, ovvero nel periodo che coincide con la fioritura, provocherà una serie di sintomi e disturbi piuttosto fastidiosi. Che cos'è l'allergia alle graminacee? Come detto in precedenza, le reazioni allergiche al Fel D1 possono essere spesso gravi: sono sempre più numerosi, infatti, i casi di gravi crisi asmatiche scatenate dall'allergene prodotto dai nostri amici a quattro zampe, tanto che molti esperti considerano l'allergia al gatto una delle cause principali delle crisi respiratorie. I sintomi più diffusi delle intolleranze alimentari sono a carico dell’apparato digerente, gonfiori, diarrea, stipsi, gastrite ed anche emicrania, pruriti o eruzioni cutanee e persino palpitazioni. Esistono diversi test molto pubblicizzati e somministrati anche in luoghi deputati alla salute come alcune farmacie o ambulatori medici e per questo ritenuti da molti scientificamente validi. Chi si sottopone a questi test si sente dire spesso di non tollerare diversi tipi di alimenti (anche 10/20) togliendo i quali per lungo tempo si rischia di sbilanciare l’alimentazione, il metabolismo e di contrarre malnutrizioni anche pericolose, senza peraltro riuscire quasi mai a risolvere la sintomatologia che ha portato il soggetto a sottoporsi al test.

Se non si riesce a ristabilire la lattasi, non si deve rinunciare a importanti nutrienti essenziali come alcune proteine ad alto valore biologico , il calcio , vitamine come la A e la B12 e tanti altri nutrienti biodisponibili del latte, per farlo si può utilizzare il latte delattosato o alcuni formaggi privi di lattosio come il Grana Padano DOP che essendo un concentrato di latte fresco, ma con meno grassi del latte intero perché decremato durante la lavorazione, è privo di lattosio grazie al fatto che lo stesso si elimina durante la produzione e la stagionatura. Un’intolleranza frequente è quella a carico del lattosio (lo zucchero del latte) che avviene quando si è carenti o privi di lattasi, un enzima indispensabile per la digestione del lattosio. Si può iniziare con piccole quantità giornaliere di alimenti che contengono poco lattosio come lo yogurt, oppure con il latte a piccole dosi giornaliere che aumentano sempre più per dar modo alla lattasi di riformarsi e di garantire la digestione dello zucchero del latte. La terapia alimentare (dietoterapia) consiste nell’esclusione dell’alimento e nella sua reintroduzione a piccole dosi che via via aumentano nel tempo fino a stabilire la quantità che il soggetto può assumere senza diventarne intollerante.

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